Come fanno la Pina Colada in Repubblica Dominicana
La mia passione per i cocktail caraibici è sconfinata, sono affascinato dall’avvento dei tiki drinks, li studio con piacere anche se ritengo che sia veramente difficili riproporli nelle loro versioni originali data la difficoltà a reperire certi prodotti. Questa mia maniacale voglia di riprodurre i drink come nei loro tempi e luoghi d’origine a volte contrasta con ciò che vedo quando viaggio, e per fortuna ritorno con i piedi per terra. Mi trovavo a Puerto Plata in occasione di una visita ad una “fabbrichetta” di rum, e mi sono imbattuto in uno strano modo di preparare la pina colada.
Premetto che mi trovavo nel beach bar di un resort bellissimo nel quale il bar era sempre aperto. Favolose erano le scene di coppie che iniziavano a bere alle 8 del mattino e non smettevano di stazionare “alla Hemingway” sui loro sgabelli fino a tarda notte. I bartender erano sempre cordiali, anche se non sembravano dei veri e propri professionisti, parevano anzi totalmente disinteressati alla qualità dei drink (c’era da capirli, un open bar 24/7…).
Le attrezzature e le postazioni bar erano estremamente funzionali, delle miscellanous area in stile americano, totalmente vecchie e scassate, ma comunque molto più funzionali di molti bar italiani, nei quali bisogna sopperire con la nostra abilità nell’arrangiarsi e con la professionalità. I “bartender” miscelavano in continuazione, ballando e senza prestare troppa attenzione alle porzioni e alla tecnica d’esecuzione: ad un certo punto un mio compagno di viaggio , anch’egli bartender mi dice: “se non la bevo qui quando la bevo???” e ordina un Pina colada; il bartender prende un bicchiere rigorosamente usa e getta, ci versa dentro un’abbondante porzione di rum ambrato, e si avvicina al granitore. Io lo guardo incuriosito e vedo che pone il bicchiere col rum sotto il granitore, lo riempie con il liquido all’interno, allega 2 cannucce, e lo serve al mio amico. Prima di tutto assaggio, veramente delizioso, poi inizio a chiacchierare col mio collega dominicano, cercando di rubargli un segreto da importare in Italia. In realtà non vi erano segreti, io credevo chissà quale lavorazione vi fosse per preparare una Pina colada come non avevo mai bevuto, invece la colada mix del granitore era semplicemente succo d’ananas di dubbia qualità e una generosa porzione di crema di cocco, e li ho capito. La crema di cocco era contenuta in una latta da 5 kg, della stessa marca e colore di quelle che si trovano in Italia dai distributori o in qualche negozietto etnico (anche se quelli sono di importazione tailandese), ma aveva un sapore totalmente diverso da quella che ho avuto occasione di provare qui, era più dolce, meno concentrata, più liquida e soprattutto non aveva quei sentori di mandorla che molti ingredienti al cocco hanno e che sono poi quegli aromi che guastano l’abbinamento con l’ananas e spesso vanno corretti con zucchero.
Devo dire che anche il rum ambrato stava molto bene in quella pina colada, a testimonianza del fatto che in questo lavoro non vi sono regole, ma soltanto linee guida da interpretare a seconda degli ingredienti che possediamo e del drink che vogliamo riprodurre.