Organizzazione del lavoro: dal caffé all’aperitivo… e apericena!
L’Italia è un posto molto strano: vantiamo una delle più antiche tradizioni di ospitalità ma siamo quasi ultimi in tema di strutture e attrezzature atte a funzionalizzare il lavoro. L’arte dell’arrangiarsi è da sempre nel nostro dna e giorni fa ne ho avuto la conferma. Questo piacevole aneddoto è anche la testimonianza di come, se si possiede una struttura “datata”, non si debba abbandonare un certo sistema di lavoro. Mi avevano parlato di questo bar di paese, che ha grandi moli di lavoro sia al mattino che a pranzo che per l’aperitivo. Quando sono andato a visionarlo sono rimasto stupito, mi chiesi infatti come potesse reggere con una struttura del genere certi tipi di numeri, mantenendo l’alta qualità che mi avevano descritto.
Al mattino i lavori sono trascorsi molto linearmente, l’affiatamento degli operatori era buono ed essendo un bar di paese la clientela era molto gioviale e disposta all’attesa (vi assicuro, minima), ma ciò che mi ha veramente impressionato è stato quel lasso di tempo di 6 ore che andava dalle 19 all’1. Credo di non aver mai visto una piazza così piena , e allo stesso tempo mi son chiesto come fosse possibile e di quanti operatori si necessitasse per servire tutta quella gente in un bar cosi poco funzionale. Inizio a far la fila alla cassa per richiedere lo scontrino e andare al bar a bere e noto che ci sono solo 2 bartender. Ritiro lo scontrino e mi avvicino al bancone sempre più incuriosito, volevo capire come si fossero organizzati, non reputavo possibile servire tutta quella gente, ma arrivato in prossimità del banco ho notato con piacere un’organizzazione estrema.
Componenti dello staff: 2 bartender, 1 bar back, 1 al lavaggio bicchieri, 3 ragazzi che mantenevano in ordine la piazza, raccogliendo bicchieri (rigorosamente vetro) e 1 addetto al servizio ai tavoli (solo bottiglie). In aggiunta la crew della cucina che sfornava, più che un buffet di appetizer, una vera e propria cena a buffet.
L’organizzazione impeccabile che mi ha maggiormente colpito è stata la mise en place dei bartenders. Inizialmente il mio dubbio era: avendo un piano di lavoro senza vasche coibentate, buchi per lo stoccaggio di bicchieri, speed rack per bottiglie, senza insomma un abbozzo di workstation, come potesse essere possibile produrre così tanto?
La risposta mi ha stupito: il bar aveva subito una colossale trasformazione dal mattino , quando la postazione della caffetteria sorgeva su una lastra di acciaio rimovibile .La sera ho scoperto cosa vi si celava sotto: dei normalissimi buchi contenenti delle vasche in acciaio. L’abilità di chi ha organizzato il tutto è stata quella di focalizzare il set up del bar attorno all’enorme lavandino in mezzo al bancone , che di giorno serviva per stoccare le tazzine sporche. Da ciò che ho visto la sera il fulcro del lavaggio era diventata la cucina, così il front bar era diventato solo un luogo produttivo: come in ogni bar classico i frigo erano nel front bar, sotto il lavandino, quindi sotto la vasca del ghiaccio. Fortunatamente gran parte dei moduli refrigeranti erano costituiti dai cosiddetti cassetti, non da sportelli. In questo modo sono riusciti, con l’utilizzo di particolari speed rack fatti su misura, ad ottenere due perfette postazioni da lavoro in stile U.S.A. I buchi ,di giorno coperti, sono stati utilizzati per lo stoccaggio di bicchieri, affinché la mobilità dei bartender non venisse limitata da alcunché.
Sono rimasto piacevolmente sorpreso e ho reputato di parlarvene, perché ciò che ho visto è sicuramente una buona idea su come ovviare a determinate lacune strutturali, con un investimento ridicolo e ottenendo risultati stupefacenti.
L’apericena: Ci sono locali che fanno dell’apericena il loro punto di forza, e normalissimi bar che decidono di indirizzare il core business verso l’attività diurna, senza però trascurare il momento dell’aperitivo. L’altra sera, sotto casa di un amico, ho avuto modo di apprezzare proprio uno di questi “semplici” bar. Durante il giorno non ha assolutamente niente di ”fashion”, se non che il personale è sempre sorridente e servizievole (mica poco…) e i prodotti che offrono per la colazione e il pranzo sono sempre di ottima qualità, ma quando mi sono seduto per degustare un semplice bitter mi hanno veramente stupito: non vi era buffet per aperitivo, scelta “tecnica” mi ha spiegato il titolare, ma gli appetizer forniti al tavolo sono stati veramente graditi. Oltre alle patatine e olive che accompagnano spesso gli aperitivi mi hanno servito anche, in una semplicissima ciotola, della baguette calda tagliata sottile e l’hanno abbinata a 4 tipi di salse. L’idea mi è piaciuta molto in quanto non solo sono ho evitato le classiche gomitate per accedere al buffet, ma io e i miei compagni ci siamo divertiti a produrre le nostre tartine, e abbiamo prolungato l’aperitivo fino a chiusura!
L’apericena, il racconto di un’altra esperienza:
Nei pochi giorni di libertà, quando non mi ritrovo dietro il bancone di un bar, ne approfitto per girare e andare a vedere qualche idea nuova; sono un amante del momento dell’aperitivo, inteso come quel lasso di tempo che porta alla cena, non un grande fan dell’apericena.
La parola aperitivo deriva dal latino aperire , ovvero predisporre l’organismo al pasto; questo momento dovrebbe essere accompagnato dagli apetizer , ovvero una proposta food che non sia invasiva e non abbia le proprietà nutritive del pranzo o della cena, ma che soddisfi la stimolazione dei succhi gastrici data dal drink (o dai drinks…) . A questo proposito i prodotti che più si addicono al momento sono i “classici“ snack, ovvero: patatine di ogni genere, arachidi, mais tostato, pistacchi, capperi, olive, verdure sott’olio ripiene, sottaceti, tartine o canapes o sandwiches ricchi di salse di ogni genere, tacos o tapas, fingerfood di insalatine o cereali e così via.
Scrivo ciò perché qualche giorno fa sono stato colpito dalla ricchezza del buffet offerto da un noto bar pasticceria della mia città, nonostante la semplicità dei prodotti utilizzati: c’era un vasto assortimento di tartine farcite con ogni tipo di crema spalmabile abbinate a frutta e verdura, fingerfood di cous cous farcito nelle maniere più fantasiose, alzate ricche di salse tartare e remoulade con vicini canapes sui quali spalmarle, fingerfood di insalate di riso e farro condite con mais e legumi, oltre ad una vasta gamma di sottolii e sottaceti che venivano proposti anche come alternativa nelle guarnizioni dei martini’s. Il barman mi ha spiegato infatti che sta educando la sua clientela a degustare anche altre varianti dei classici martini come il dirty pickle o gli spicy martini’s, ma per ammorbidirne il palato sta usando le guarnizioni come modificatori di gusto in quanto ritiene che utilizzare le salamoie potrebbe essere eccessivo per il palato dei propri avventori. Mi è sembrata una bella idea e ho deciso di scriverla, ma soprattutto sono rimasto colpito dal lavoro del barman, che con il suo garbo ha educato nel tempo la clientela e ha avuto notevoli riscontri, oltre che dalla presentazione degli appetizer che, nonostante la semplicità dei prodotti usati , non ha certo sfigurato con l’offerta dei locali di tendenza che offrono apericena.