Il lavoro del barman: un’esperienza londinese
Ciò che mi colpisce di questo lavoro all’estero è il concetto di meritocrazia: se vali l’azienda ha tutto l’interesse di darti spazio e visibilità. Ho un amico rumeno che lavora a Birmingham presso un franchising italiano, la sua storia è emblematica del nostro sistema. Ragazzo rumeno, gran lavoratore, ottimo italiano scritto e parlato, mai responsabilizzato dall’azienda non si sa per quale motivo, un giorno stanco di non vedere realizzate le sue ambizioni fa le valige e parte per l’Inghilterra. Ha un amico che lo inserisce nella cucina di un ristorante. Darius lavora sodo, sta sempre zitto ed esegue gli ordini, e dopo un mese parla col manager e gli fa presente che lui si ritiene un abile cameriere e manifesta la volontà di provare il servizio in sala. Il manager ascolta e risponde che se frequenta un corso d’inglese, indispensabile per una conoscenza fluent , sarà lieto di dargli un’opportunità. Darius si impegna, lavora 12 ore al giorno e la mattina frequenta un corso intensivo, si allena leggendo solo giornali e riviste n inglese e guarda solo fiction in inglese e sottotitolate, così 3 mesi dopo ha la possibilità di fare la sua prova: inizia come runner, ma il manager nota il suo stile, la sua capacità di stare in mezzo al pubblico, umile, discreto, affabile, e presto gli assegna un rango.
Oggi, dopo 2 anni, Darius è il manager del locale dove ha iniziato e presto si trasferirà a Londra per lo start up del nuovo punto vendita della compagnia.
Questo preambolo per parlare di un argomento che mi sta molto a cuore: l’italian style. Per anni noi italiani siamo stati un punto di riferimento nella qualità del servizio alberghiero, ma ultimamente nuovi trend stanno stravolgendo il mercato, rivisitazioni di vecchie tecniche di lavoro tornano di moda e soprattutto si vendono come tecniche avanzate, quando in realtà rappresentano la base di questo lavoro.
Darius sta riportando l’italian style a Londra, la capitale del cocktail dove si affumica, dove la tendenza a creare è portata all’eccesso, dove i barman vengono considerati quasi dei gourmet, dove la tendenza è quella di stupire ricercando situazioni e ricette sempre nuove o a volte rivisitando antiche ricette quasi farmaceutiche, ma dove magari non si fa più un Bellini, un Americano, dove la cultura dell’aperitivo all’italiana manca anche perché i ritmi di vita sono altri , ma dove quello che per noi può rappresentare la quotidianità, come prendersi 5 minuti per un caffè o per un bitter, un ginger o un aperitivo più strutturato, può essere venduto come un esperienza.
In bocca al lupo a Darius e alla sua compagnia, che ha deciso di rappresentarci nella capitale dei drink!!