Flair System, un’esperienza londinese
Londra. Nel mio personalissimo cocktail tour non poteva mancare un locale dove i bartender lavorassero secondo il flair system. Sono un amante di questo sistema di lavoro, un po’ meno di come viene interpretato nel mio Paese.
Storicamente il flair system nasce perché, negli anni ’70 in America prese piede la ricerca della salute e del benessere, innescando un fenomeno denigratorio in merito a tutto ciò che andava contro questa cultura, quindi soprattutto alcool e fumo; contestualmente le leggi americane impedivano qualsiasi tipo di pubblicità diretta o indiretta nei grandi media. Era quindi necessario trovare nuovi modi per affrontare l’avvento di una crisi senza precedenti.
Il nuovo obiettivo era quello di ridare credibilità alle attività di settore, riorganizzandole dal punto di vista del comfort, dell’efficienza, dell’entertainment e della qualità del servizio, per cui la struttura tecnica dei locali, dei lavoratori, del management e soprattutto l’atmosfera, necessitavano di un drastico cambiamento.
Questo sistema di lavoro, applicato al bar, prevedeva (e prevederebbe ancora oggi) l’utilizzo di particolari tecniche di lavoro, atte all’ottimizzazione dei tempi e degli spazi di lavoro, e anche alla spettacolarizzazione del servizio.
Raramente mi sono trovato di fronte a bartender che riescono a coniugare la velocità d’esecuzione con la qualità, ma questa volta sono rimasto veramente impressionato.
In un famosissimo grill restaurant mi sono fermato al banco per curiosare il lavoro dei miei colleghi (e non mi vergogno a dirlo , “rubare” loro qualche idea…) e son rimasto incantato a guardarli lavorare.
Mi ha impressionato innanzitutto la loro capacità di lavorare in team, tutti gli operatori rivolti all’obiettivo finale ovvero la soddisfazione del cliente, ma anche la dedizione che mettevano nella costruzione dei drink. Vi erano operatori per il solo servizio al banco e operatori per il servizio ai tavoli. Gli operatori per il banco non erano dei semplici giocolieri, non davano mai l’impressione di cercare la gloria personale, ma al contrario riuscivano a spettacolarizzare il lavoro interagendo con i clienti, divertendoli: quasi come fossero dei “giullari”, ma sempre attenti alla soddisfazione ed al comfort degli avventori della propria zona di lavoro.
Ciò che però mi ha realmente stupito è stato uno degli operatori del servizio ai tavoli: la stampante elettronica delle “comande” non si fermava mai, e mi ricordo perfettamente che ne raccoglieva 5 o 6 alla volta (è arrivato all’esecuzione di 15 drink contemporaneamente, e vi assicuro che non erano tutti uguali…), ma la cosa stupefacente era che, nonostante stesse servendo più tavoli, riusciva a trovare il tempo per gestire ogni drink alla perfezione: è riuscito a far macerare il mojito, a servire i frozen al momento giusto senza farli sciogliere, ha servito celermente i drink build per ultimi, per non farli annacquare, e i martinis in coppe ghiacciatissime. Come se non bastasse ha composto i vassoi e gestito i camerieri nel timing di uscita delle ordinazioni, il tutto celermente ma mai scomponendosi e con una naturalezza incredibile.
Intanto il “giullare” addetto al banco, toglie dalla mia posizione il tovagliolo rosso (che veniva utilizzato per indicare che ero in attesa di essere servito) e mi consegna il drink sopra un tovagliolo bianco: Long island ice tea, veramente buono!!!